L'ORDINARIO

Quaderno di appunti fotografici

Gabriele Basilico - Architetture, città, visioni. Riflessioni sulla fotografia

Gabriele Basilico - Architetture, città, visioni. Riflessioni sulla fotografia

11 Maggio 2017

Uno dei primi corsi che frequentai all’università era legato all’analisi del paesaggio e del territorio; tematica che costituirà il filo conduttore del mio intero percorso accademico e che, ad oggi, si lega all’interesse verso cui è rivolta la mia ricerca fotografica.

Molteplici sono le definizioni di paesaggio: c’è chi lo concepisce come l’insieme delle cose e delle relazioni tra esse, chi come il risultato dell’evoluzione della natura e dell’azione dell’uomo e chi invece come l’insieme delle forme di un luogo e delle relazioni fra di esse. A volerne dare una definizione generale si potrebbe dire che è l’immagine da noi percepita di un tratto della superficie terrestre. Chiaramente risulta riduttivo parlare in maniera semplicistica di superficie in quanto ci si riferisce a una dimensione spaziale completa, un insieme di “segni” come li ha indicati R.Barthes (L’impero dei segni, 1970), che richiamano a significati e funzioni.

Gabriele Basilico ha concentrato gran parte del suo operato proprio sullo studio del paesaggio - urbano per lo più - documentandone le trasformazioni.

In Architetture, città, visioni, ripercorrendo il proprio percorso artistico l’autore mostra come abbia maturato e sviluppato il suo approccio alla fotografia e il suo modo di rapportarsi allo spazio, da “Milano ritratti di fabbriche” alla “Mission Photographique de la DATAR”, a “Bord de Mer”.

Dopo l’esperienza della DATAR al “momento decisivo”, al quale mi aveva abituato la lezione del reportage, avevo preferito, attraverso progressioni successive, la “lentezza dello sguardo”. Quasi a voler cogliere nell’immagine tutti i particolari, fino alla complessità delle cose che, a una minuziosa osservazione, il paesaggio poteva restituire.

Uno sguardo che mette a fuoco ogni cosa, che porta a cogliere tutti i particolari, a leggere la realtà in un modo assolutamente diretto: quindi il grande formato, il cavalletto, un ritmo rallentato, la luce così com’è, senza filtri, guardare e basta.

A tal proposito Basilico in un’intervista rilasciata a Mario Calabresi, riportata poi nel libro A occhi aperti (volume molto interessante di cui parlerò prossimamente), afferma che la foto d’eccellenza è contemplativa, prendendo ad esempio la sua foto scattata a Le Trèport, in Alta Normandia.

Gabriele-Basilico-Le-Treport-1985jpg

Gabriele Basilico - Le Trèport (1985)

Penso che dopo quella ripresa fotografica in quel luogo, in quel momento, molte cose siano cambiate, e in particolare il mio rapporto con il paesaggio. In quella fotografia c’è un processo di sintesi massima, è una fotografia ideale perché rimanda al luogo nella sua interezza e globalità.

Basilico ha sempre avuto una grande curiosità per la città, per la sua trasformazione, per il passato, per il presente, incuriosito da come la città prende forma. In “Dentro la città” viene privilegiata la rappresentazione dello spazio e dell’architettura in varie città del mondo, mentre in “Scattered  City” le città vengono descritte come se fossero un’unica grande città.

Come già accennato, non posso fare a meno di vedere la città come un grande corpo che respira, un corpo in crescita, in trasformazione, e mi interessa coglierne i segni, osservarne la forma, come il medico che indaga le modificazioni del corpo umano per leggerne la natura.

E se la fotografia alla fine non può certo cambiare il destino delle città e non può tanto meno influenzare in modo determinante le scelte progettuali e politiche, ciò che sempre importa è la possibilità di poter creare una nuova sensibilità.