L'ORDINARIO

Quaderno di appunti fotografici

Le fotografie del silenzio - Gigliola Foschi

Le fotografie del silenzio - Gigliola Foschi

7 Agosto 2017

Estate, periodo di ferie, si va al mare: cosa leggere sotto l’ombrellone?

Il mio consiglio per gli appassionati è questo mini saggio con spunti di riflessione interessanti e di veloce lettura.

Gigliola Foschi, giornalista e docente, mira a far comprendere come la storia della fotografia sia una riflessione dentro nuove forme di pensare il visibile, trovare delle soluzioni che siano all’altezza dei tempi, che siano in relazione con la contemporaneità artistica e politico-sociale. Una riflessione su come la fotografia sia cambiata negli anni.

Con fotografia silenziosa si intende quella fotografia che pone degli interrogativi, che contiene dei messaggi molteplici e non un messaggio univoco. Se viene usata all’interno di media pieni di altre immagini e questi utilizzano l’immagine come esemplificazione di un titolo, automaticamente il lettore non osserva più la fotografia nella sua molteplicità di significati, ma la osserva semplicemente come rappresentazione del messaggio che viene dato, come “pezza d’appoggio”. “Ciò che i giornali desiderano sono le cosiddette standard pictures: immagini che non aggiungono informazioni al testo, ma si limitano a confermarlo. Quelle fotografie che risultano invece portatrici di informazioni visive più complesse, vengono scartate o piegate in funzione del messaggio voluto”.

Il silenzio in questo testo viene usato come un qualcosa che anziché confermare le nostre idee e luoghi comuni, ci invita a meditare, a creare un attimo di sospensione che ci porti a pensare qualcosa di diverso. Nella contemporaneità la tendenza è quella di scegliersi i media sulla base delle proprie convinzioni e ritrovare sempre le stesse convinzioni anche nei giornali e in tutto l’apparato informativo.

Nella seconda parte del libro, Gigliola Foschi rimarca quanto le immagini abbiano raggiunto un potere e un’influenza prima impensabili. Questo spinge quella che definisce “fotografia consapevole” a elaborare nuove forme espressive e nuove strategie visive tramite la “contro-informazione”. “Oggi per contro-informazione non si deve intendere – come avveniva negli anni Settanta - un’informazione corretta e veritiera in opposizione a quella falsificata, controllata, censurata dal potere politico, bensì una produzione di informazioni, immagini, opere visive che risultino “intrattabili” (Jacques Rancière), vale a dire capaci di mettere in discussione i clichè su cui si basa la maggior parte delle immagini presenti nei media”.

Per meglio esprimere il concetto, prende ad esempio l’opera del palestinese Taysir Batniji “GH0809” (2010). Si tratta di una serie di immagini riprese dopo l’attacco israeliano su Gaza del 2008-2009: le fotografie riprendono case e ville, in modo frontale e diretto, come fossero annunci immobiliari, danneggiate dai bombardamenti, che si stagliano “contro un placido e sereno cielo azzurro”. “Prive d’azione, senza folle urlanti, senza donne in lacrime e quant’altro si possa prestare a sottolineare “il dramma del popolo palestinese”, per di più lontane dal fascino inquieto e suggestivo delle rovine – tali immagini sono troppo laconiche e interrogative per funzionare come illustrazioni delle news”.

Nella terza e ultima parte si parla della fotografia come esercizio del silenzio; quella fotografia che sta agli antipodi della compulsività dei selfie, e si accosta invece alla visione di Guido Guidi, che afferma: “il problema è quello di essere dentro, come dice Merleau-Ponty. Io non guardo soltanto il paesaggio, ma ne faccio esperienza, perché io stesso sono dentro il paesaggio, vedo il paesaggio che guarda me”.